SOP-PORTARE: portare i pesi gli uni degli altri

I Verbi del Cuore

Sop-portare


Scrive San Paolo ai Galati: “Portate i pesi gli uni degli altri” (6,2a): questa esperienza del portare i peso reciproco deriva da una constatazione teologica di fondo, che è la modalità con cui Dio ha accompagnato il cammino dell'umanità, ha portato noi.
Prima ancora della pazienza di Dio, c'è la pedagogia di Dio, che il Concilio ci ha fatto riscoprire nella Dei Verbum: un Dio che porta il peso del suo popolo, incoraggiando Mosé.
Nell'icona della Trinità Rublev descrive il modello della sopportazione reciproca che dev'essere lo stile della vita comunitaria in monastero attraverso lo sguardo circolare dei tre personaggi (angeli): ognuno guarda l'altro ed è completato dall'altro, senza perdere la propria identità; e cosè tutti sono co-protagonisti.
Ecco perché la sopportazione reciproca diventa sguardo d'amore e la pazienza è la capacità di guardare l'altro in termini non conflittuali, ma di dimensione operativa e positiva, perché l'altro mi arricchisce e mi completa. L'altro è pienezza.
La capacità di stimarsi a vicenda, in una reciproca gara, è l'attuazione di questa opera di misericordia. Non è solo sop-portare, ma anche gareggiare: se c'è stima, il mio occhio guarda l'altro (e guarda anche me!) in maniera diversa: non è più un avversario, ma è un fratello con il quale faccio a gara...
L'altro non è nemmeno neutrale, qualcuno da ignorare. Infatti gareggiare vuol dire che io accolgo la mia e la tua diversità e tra me e te non nasce l'invidia, ma l'emulazione, come nel gioco di squadra.
Imparando la sopportazione si acquista anche la capacità di resistere al male: “Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene” è l'esortazione di Paolo ai Romani (12,21). La stima diventa così concretezza, realismo perché capita talvolta che l'altro mi fa del male, arriva ad offendermi, parla male di me...
Questa esperienza diventa capacità di andare d'accordo a tutti i livelli (familiare, ecclesiale, politico e sociale, accettando le diversità che ci contraddistinguono dentro la vita comunitaria come l'agone politico).
Cerchiamo ciò che porta l'edificazione e la pace. Spesso, all'interno della Chiesa, movimenti, associazioni, parrocchie e singoli, pur non essendo divisi sulle cose cattive, non ci sopportiamo perché siamo di appartenenze diverse. Tali differenze devono invece diventare valorizzazione e stima l'uno dell'altro.
A conclusione del lungo discorso sulle “parole del cuore” mi sembra bello citare un altro passo paolino: “Accoglietevi gli uni gli altri, come anche Cristo accolse voi, per la gloria di Dio” (Rom. 15,7): ogni lavoro costante verrà premiato nella stagione dei frutti!
 

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